Viaggio in Borgogna

Appunti sulla tovaglietta gialla – Ho sempre avuto una passione particolare per le tovagliette di carta gialla, quelle macchiate di olio e vino rosso.  Quelle che  scarabocchi prendendo appunti. Considerazioni, idee, a volte intuizioni, segnate con urgenza, ma al tempo stesso leggerezza. Sembrano quasi vivi, delle volte, ma spesso li perdi perché chissà dove vanno a finire, e non possono parlare, gesticolare, arrabbiarsi e mimare.

Alcuni però li ho recuperati. Sono racconti alterati di viaggi a base di vino, cibo, osti, ubriaconi e vignaioli.

Ovviamente non dategli troppa importanza, sono solo storie che altrimenti sarebbero andate perdute.

 

Bourgogne, luglio 2016

Il cielo e le nuvole come le puoi immaginare solo da bambino, questa è la Borgogna, almeno per me. Inutile provare a spiegare, per capire bisogna tornare alle ginocchia sbucciate e al sasso carta forbice.

Ma io sono qui per vino, cibo, storie e mi ritrovo a Beaune, ho poco tempo per pranzare e vado da Ma Cuisine, bistrot dalla carta dei vini immensa ed emozionante, che spazia anche fuori regione. Bevo Jura, Puffeney Arbois Savagnin 2011 (piaciuto parecchio). Il sorriso compiaciuto dell’oste rivela stima e soddisfazione per la scelta, comprende che conosco la storia di questo vignaiolo, che ha venduto l’azienda non avendo eredi interessati a portarla avanti. Prima regola del bevitore di vino: se c’è Puffeney in carta, si prende e basta. Un naso dalla bellezza sconcertante mi esplode letteralmente in faccia con curry, noce fresca, nocciola, pistacchio.

E’ impressionante!

In bocca l’attacco è sull’ossidativo, chiaro e diretto, ampio, ricco e potente. La metà del palato è in crescita, con una tessitura fine, e poi un’esplosione incredibile. L’ampiezza, la ricchezza, la precisione. Questo vino fa nascere da subito la necessità impellente e istintiva di “afferrarlo” e  le sorsate diventano sempre più ravvicinate, ma niente, la mia bocca è troppo piccola. Bisogna arrendersi a berlo, farsi schiaffeggiare la lingua dall’acidità e dal superbo piccante.

Iniziamo bene.

Arrivo alle 15 a Nuit-Saint-Georges da Chicotot e subito mi rendo conto di non essere più allenato alle degustazioni come si fanno qui in Borgogna. Georges tira fuori una decina di bottiglie ed io penso alle prossime due visite, all’aperitivo, cena e dopo cena. Vabbè. Mi serve un secondo per ricordarmi che qui è una battaglia. E allora, nella terra della Chanson de Roland, tocca diventare un guerriero, Cavaliere Scudato della casata dei Cavatappi. George è simpaticissimo, un vero vulcano di battute e scenette. Racconta con il sorriso sulle labbra del dramma in vigna che si è consumato su tutta la Borgogna questa primavera, in Aprile. Una maestosa gelata ha compromesso quasi tutto il raccolto, che sarà solo il 20% rispetto a un’annata classica. Neppure questo gli porta via il sorriso. Mi spiega che è in pensione e che ora il vino lo fanno sua moglie e suo figlio. Non può bere, ma qualche sorso lo prende, non può fare così male, specialmente se la moglie non lo vede. Gli brillano gli occhi, sospira e ricomincia a fare battute. Stappiamo in sequenza.

Bourgogne Rouge 2014 (piaciuto), un vino fatto per essere bevuto, per passare al naso dolce e invitante, del Beaune Lulune 2014 (p). E poi le “Notti”. Nuits Les Allots 2014 (p) di fragola e cassis;

Nuits 1er cru Rue de Chaux 2014 (p) con frutta rossa, fiori, spezie: La Grande Finezza;

Nuits 1er Cru Vaucrains 2014 (pp) dal naso di bacche selvatiche, potente, sensuale, regale. E da un re a un dittatore, il Nuits 1er cru Les St.Georges 2014 (pp) con note di prugna e di animale, potente.

Sentiamo altre cose più vecchie ma me le vivo sul momento e rimangono dentro di me. Saluto Georges, sa che son di Modena e mi chiede se la prossima volta passo a trovarlo con una Ferrari, che farebbe volentieri un giro.

La battaglia prosegue. Raggiungo Morey St. Denis e la cantina di Chantal Remy, e qui il Santo protettore di tutti i fegati, evidentemente intercede per me e mi assiste, poichè la degustazione non è possibile. La casa cantina è di una bellezza incredibile, e mi basta questo.

Alle 17,30 arrivo a Volnay da una delle mie cantine di riferimento in Borgogna, Il Domaine Joseph Voillot gestito da Jean Pierre Charlot. Mai vista una persona il cui aspetto fisico è così distante dai propri vini. Per intenderci, Jean Pierre è un colosso di quasi due metri le cui misure, ad occhio, potrebbero essere 160-190-160. Un suo polpaccio è come la mia cassa toracica. E’ anche un magistrale sputatore, cosa che a me personalmente colpisce molto, perchè la mia capacità in quella nobile arte non ha mai superato la distanza “punta delle scarpe”. Mi pare di avere capito che ogni anno negli Stati Uniti il suo importatore organizzi i campionati mondiali di vignaioli che sputano vini, e lui è il campione nella gara della precisione, in quella della potenza invece è Ganevat, di cui parleremo il prossimo mese. Dunque, tornando alla non congruità delle cose, i suoi vini sono fra i più eleganti, esili, sussurrati di Borgogna. Sentiamo Volnay Vielles Vignes 2014 (p), da berne a secchiate anche di primo mattino, e il Volnay 1er cru Les Fremiets 2013 (pp) che è un lungo elenco di aggettivi: note di mora, sottobosco, kirsch, palato ampio e sapido, fresco e vivace, lungo, giocoso. Il 2014 (p) ha un naso più esuberante, con scorza d’arancia, bocca vibrante e polposa, potenza acida non ancora domata.

Ovviamente non basta. E si progegue, con Volnay 1er cru Les Champans 2013 (p) naso espressivo, mora, spezie. Palato pieno con tannini setosi ben supportato dalla struttura acida, il 2014 (pp) ancora più elegante, teso, con più lampone, sapido, molto sapido, dalla delicatezza volnaysienne. Finiamo con l’emozione del Pommard 1er cru Les Rugiens 2013 (pp) con naso se possibile ancora più complesso, più potenza, più tannino.

Da cavaliere assai valente finisco la degustazione, e scendiamo in cantina per una rapida visita. Per l’ennesima volta mi rendo conto che in Borgogna le muffe sono una cosa importante, fanno parte della famiglia, al pari di moglie e figli. Prima di uscire dall’ombra di Jean Pierre lo saluto con un abbraccio che riesce ad arrivare a malapena sotto le sue ascelle e riparto con Camillo Favaro*, incontrato in cantina, alla volta di Beaune.

Aperitivo da Lolò a la Dilettante, un nuovo bistrot con vasta scelta di vini naturali. Che di dilettante ha solo il nome. Qui scegliamo il De Moor Chablis l’Humeur du Temps 2014 (p) con naso discreto di agrumi ed erbe aromatiche e bocca dall’energia superba. E’ puro, dritto, trasparente, traslucido, con una struttura acida quasi violenta che lo trascina ad un finale rinfrescante sulla scorza di limone e iodio.

E’ uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo: cena da Les Comptoir des Tontons ristorante consigliatissimo con cucina semplice ma curata della simpatica chef Pepita e una carta dei vini vasta e tutto sommato ai giusti prezzi. Da qui peschiamo alcune piccole perle: il Clos Rougeard “Les Clos” 2010 (pp) con un superbo naso di mora, amarena, prugna e un leggero tratto vegetale. Vellutato in bocca, con una crescita in potenza a metà palato e un finale esplosivo di frutti freschi. I tannini sono morbidi e fini. Una vera delizia. Beviamo inoltre Chateau des Rontets Pouilly-Fuissè “Les Bibettes” 2013 (p) dal profumo di agrumi, fiori bianchi, una leggera nota di legno, classico ma piacevole. In bocca mostra concentrazione e potenza rimanendo ben teso in un insieme equilibrato, lungo e salivante. Racconto a Pepita che il giorno dopo andrò in Jura, e in due minuti mi prenota da una sua amica.

L’ultimo duello della giornata è il dopo cena, che si svolge nuovamente alla Dilettante con qualche birretta e un piacevolissimo Domaine du Pelican “Trois Cepages” 2014 (p) a base di Poulsard, Trousseau e Pinot Nero. Di colore rosso trasparente e naso fine, frutti di bosco e tocco piccante (liquirizia). In bocca, leggerezza, delicatezza, facilità di beva, sfumature di fragolina. E’ succoso ed è praticamente impossibile smetterlo di bere.

La mattina seguente, dopo un caffè mai sentito prima, e che mai spero di risentire (np) appuntamento da Christian Clerget a Vougeout. Il ricordo di quell’accoglienza fa nascere ancora adesso un sorriso. La signora Isabelle, non sapendo della serata precedente, si prende cura di noi come se non bevessimo da giorni. L’impressione è quella che potremmo anche diventare buoni amici. I vini sprizzano di purezza, è palese la ricerca dell’equilibrio e del sapore, in ogni caso lungo, complesso e sempre diverso in base al cru. Non chiedo niente di botti nuove, lieviti autoctoni, malolattica. Non mi interessa. Voglio solo bere questi vini incrociando lo sguardo fiero ma curioso di Isabelle, voglio che questo momento rimanga in me e in lei per sempre. Ci prodighiamo in un crescendo di nettari. Buorgogne Rouge 2013 (p), un vino affabile e amichevole che ti fa venir voglia di versarlo di nuovo, Chambolle-Musigny 2013 (p) impostato in punta di piedi, che va poi a sviluppare una finezza materiale, Vosne-Romanèe Les Violettes 2013 (pp), fatto di rosa e di spezie, maestoso e particolarmente armonioso, Vougeot 1er cru Les Petits Vougeot 2013 (p) che ricorda la gelatina di cassis e il fumo, armonico ed elegante più che potente, Chambolle Musigny 1er cru Charmes 2013 (p) con note di lampone e violetta, un’armonia perfetta di volume, lunghezza e sottigliezza. Poi tutti giù in cantina a sentire dalle botti i 2014, se possibile ancora più eleganti, con Echezeaux Grand Cru (pp) sugli scudi, con la ciliegia, il cacao, il pepe che ci ricordano che lui è il re incontrastato della cantina. Anche io ormai sono quasi sullo scudo, ma la battaglia della Borgogna, è finita.

Saluto, lascio una bottiglia di lambrusco**, e dopo 24 ore di magica Borgogna parto per lo Jura.

* Camillo Favaro è amico, scrittore di libri sui vini della Borgogna e produttore di un eccellente Erbaluce di Caluso. Stiamo lavorando insieme su un libro sui lambruschi modenesi che a breve sarà pubblicato

** ad ogni produttore e ristoratore ho regalato una bottiglia di Lambrusco di Sorbara rifermentato in bottiglia. Ad ognuno ho spiegato la storia del nostro vino, tutti ne sono rimasti affascinati.